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Vittorio Sgarbi

Da “Le scelte di Sgarbi” - Editoriale Giorgio Mondadori

Prof. Vittorio Sgarbi – Critico, saggista, esperto d’arte

Daniela Grifoni opera in chiave informale, il che non significa che non abbia conservato le tracce di un passato figurativo.

Questa pittrice attua in un modo assolutamente corretta una sua modalità compositiva poetica, le cui radici affondano nella lezione di una figurazione classica, e le cui risultanze visive rivelano l’affrancamento definitivo dai vincoli del riconoscibile.

E’ interessante il modo imperioso con cui Grifoni appare essersi accostata ad un mondo di altre e inedite equivalenze figurali, ovvero di prestazioni espressive molto ben posizionate attraverso una materia pittorica distribuita con perizia, e attraversata da giochi e contrasti fra toni e controtoni.

C’è in quest’artista capace di evocare forme e colori che attengono a una scelta linguistica formalmente enunciativa, una sorta di inquietudine, e persino di rabbia, che si intuisce nasca dal momento stesso in cui sceglie il colore, in cui decide come dipanarlo, allargarlo, sovrapporlo a macchie sulla tela, la quale alla fine appare quasi violentata dai colpi vigorosi della spatola e del pennello.

Ma ci sono anche momenti più meditativi, dove la cromia può anche assumere movenze morbide e significativi abbandoni, da cui nascono immagini illusorie e allusive addirittura di campi fioriti, e dove l’espressività si dilata fino a eccedere dallo spazio della tela.

In questo senso la narrazione informale di queste opere propone una sorta di spinta dinamica verso l’infinito. La pittrice esplora così lo spazio, tendendo a risultati che, se da un lato sembrano confrontarsi con la profondità, dall’altra poi si posizionano e si dilungano in visioni aprospettiche.

Il movimento cromatico delle luci e delle ombre risolve infine il messaggio astratto come fenomeno visivo che si dipana lungo scansioni e variazioni musicali, a volte per mezzo di campiture larghe, altre volte con macchie di luminosità dove prevale in rosso primario, e sulle quali arpeggia di contrappunto il giallo. Si tratta qui di momenti rivelatori fortemente accentati, che annunciano tensioni estreme dove le cromie, sempre intense e intessute con maestria, si precisano come frasi declamatorie.

Se da un lato si direbbe che Grifoni aderisca all’espressionismo informale, dall’altra quest’artista non nasconde, sotto la preponderanza materia del colore, una vena lirica che sottolinea risonanze intimistiche, portando alla ribalta effetti compositivi che si impongono come immagini a sé stanti, esplicitamente narrativi, ed esemplari come prove di un autentico talento pittorico. La pittrice sa dunque modellare la forma, evidenziandola con stesure brillanti e cariche di emozione, come se sotto la superficie che appare all’immediatezza di un primo colpo d’occhio, si nascondesse una fluttuazione di umori, tracce di sbalzi, di interruzioni, di false partenze prima della decisione formale definitiva. Si tratta di una pittura autorevole che sottintende una verità soggettiva e leggibile solo in profondità.

Pur lontana da quella che viene comunemente chiamata figurazione, questa pittrice conforta e incanta che ama riconoscere il reale in pittura, con la bellezza dell’impasto cromatico, che crea superfici vibranti e profondità allusive. Si può, in questo caso, parlare di forme misteriosamente reali, formulazioni aneddotiche anche aspre, che sanno restituire una testimonianza dell’invisibile o, se si preferisce, dell’indicibile.

Queste vicende pittoriche si svolgono come le tappe episodiche, quadro dopo quadro, di una rappresentazione intuitiva, teatralmente spettacolare ma volutamente non risolta, e quindi sempre aperta all’interpretazione.

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